Interpretariato

RSI – IL MIO VADEMECUM

Come oramai molti di noi interpreti già sanno, l’RSI ovvero il Remote Simultaneous Interpreting è entrato a far parte della nostra quotidianità lavorativa. I servizi di interpretazione simultanea e non solo vengono perlopiù svolti prevalentemente da remoto e molto probabilmente continuerà ad essere così per un bel po’ di tempo, prima di ritornare a lavorare in presenza.

Mentre prima la maggior parte di noi usciva di casa, si metteva al volante, saliva su un treno o un aereo per raggiungere la sede del convegno o dell’evento in cui veniva richiesto il nostro servizio, oggi basta accendere il nostro PC, cliccare su un link di Zoom, accedere alle piattaforme appositamente create per la traduzione simultanea e in men che non si dica siamo pronti a tradurre simultaneamente il nostro oratore di turno. Il risparmio di tempo è decisamente evidente, ma non dobbiamo erroneamente pensare che sia più facile, perché privo di tutte quelle problematiche logistiche più o meno stressanti, legate alle fase antecedente e successiva al servizio, che prima facevano parte della nostra quotidianità da interpreti.

Dopo un po’ di giornate di interpretariato da remoto, ho pensato di riassumere qui alcune linee guida che immancabilmente seguo prima, durante e talvolta anche dopo il servizio. Magari potrebbero essere utili anche a voi che mi state leggendo, in considerazione di questo scenario di “nuova normalità” al quale ci stiamo adeguando.

Siete pronti? Ecco il mio vademecum:

1. Zoom o piattaforma dedicata?

Uno dei primi punti fondamentali da cui partire è capire dove si svolgerà il nostro incarico di simultanea da remoto. Come sappiamo, Zoom presenta la funzione per il servizio di interpretazione simultanea. In tal caso il nostro host ovvero il nostro cliente o l’organizzatore dell’evento on line ci assegnerà il ruolo di interprete, sia a noi che al nostro compagno di cabina. Se c’è la necessità di lavorare in relais e comunque dobbiamo ascoltare il nostro collega, tuttavia non basta essere collegati all’evento soltanto in qualità di interprete. Dovremo per forza collegarci anche con un altro dispositivo o computer, ma questa volta non in funzione di interprete, ma come semplice partecipante. Vi state chiedendo perché? È l’unico modo per sentire il nostro compagno di cabina al lavoro, poter offrire il nostro aiuto e capire quando è arrivato il momento giusto per prendere il comando. In tal caso, il nostro account da partecipante serve solo per ascoltare ed è consigliato silenziare il microfono da partecipante e invece accendere e spegnere il microfono da interprete a seconda del nostro turno di lavoro, perché andremo a parlare solo ed esclusivamente nel nostro account da interprete. Non dimentichiamolo!

Nel caso in cui il nostro servizio venga svolto su una piattaforma dedicata alla simultanea da remoto, la situazione sarà decisamente più facile da gestire. Piattaforme come Kudo, Ablioconference, Verspeak, Interprefy, ecc., solo per citarne alcune, agevolano enormemente il nostro lavoro. In questo caso, avremmo la sensazione di trovarci in una vera e propria cabina virtuale e sarà sicuramente più facile ascoltare il collega di cabina. Quindi, operazioni come passare il microfono e ancor meglio prendere il relais da un’altra cabina saranno tutte funzioni racchiuse nella stessa piattaforma. Per questo motivo, non saremo obbligati a focalizzare la nostra attenzione su due o più dispositivi.

2. La mia dotazione tecnica è adeguata?

Quando si lavora da remoto, ancor di più di quando si lavora in presenza, siamo pienamente responsabili dei nostri strumenti di lavoro che sono essenzialmente tre ovvero le cuffie, il microfono e il collegamento internet. Non sottovalutiamo la qualità di questi tre elementi. Nella modalità da remoto possiamo risparmiare sull’abbigliamento che non vedrà mai nessuno e sulle spese logistiche che non sussistono, ma non possiamo risparmiare sulla qualità delle nostre cuffie, del nostro microfono e non prestare attenzione alla stabilità del nostro collegamento internet.

Quando si parla di cuffie, dal mio punto di vista, la marca Sennheiser è senz’ombra di dubbio la migliore sul mercato, che reputo superiore alla stessa Bosch. Le rare volte che in questo ultimo anno e mezzo ho lavorato in una cabina fisica ho portato sempre con me le mie amate Sennheiser e la qualità del suono è sicuramente migliore, oltre al fatto che si tratta di cuffie decisamente più ergonomiche.

Per quanto riguarda il microfono, la mia voce risulta pulita e gradevole all’ascolto grazie al mio modello Tonor, che vedete nella foto in alto insieme alle mie cuffie. Alcuni usano il modello Yeti che è decisamente molto bello da vedere, sembra quasi quello che usano i cantanti o i doppiatori negli studi di registrazione. Tuttavia, a prescindere dal modello scelto, consiglio di provarlo sempre prima e di calibrarlo anche in base alla distanza che manteniamo mentre parliamo. Ho registrato svariate note vocali nel mio smartphone per appurare ed assicurarmi che la qualità audio sia buona all’orecchio di chi mi ascolta. Avete mai sentito parlare di audio tossico? A volte lo subiamo come interpreti, quando gli oratori non usano un microfono a parte e si accontentano del microfono incorporato nei loro dispositivi. Nonostante oramai ogni interazione sociale, professionale, formativa, personale, ecc. si svolga prevalentemente da remoto, il microfono è un aspetto che purtroppo chi è abituato soltanto a parlare senza ascoltare tiene poco in considerazione. Noi interpreti non possiamo trascurare questo punto. Sempre per quanto riguarda le cuffie e il microfono, molti consigliano di utilizzare un modello con il microfono incorporato. Al momento preferisco tenerli separati, ma è essenzialmente una questione di abitudine.

L’ultimo punto della nostra dotazione tecnica, forse quello principale, è il collegamento internet. È altamente consigliato usare una connessione via cavo/ethernet perché è decisamente più stabile e veloce. Eseguiamo un test in autonomia per vedere la velocità della nostra rete. Basta andare sul sito https://www.speedtest.net/it e seguire la procedura indicata. Un ulteriore consiglio che mi sento di dare è di collegare il cavo di rete al gruppo di continuità. In caso di blackout ci permetterà di terminare la nostra sessione, comunicare al collega l’imprevisto sopraggiunto ed eventualmente al cambio di turno passare a un altro dispositivo non collegato alla nostra rete, sperando che la corrente venga ripristinata prima della fine del servizio. Ovviamente sarà più difficile lavorare in queste condizioni, ma in questo modo possiamo salvarci in corner, per così dire, senza per forza abbandonare il lavoro in modo brusco. Come dico sempre, gli imprevisti e gli incidenti, in generale, sono molto democratici, purtroppo capitano a tutti.

3. Bisogna apportare delle modifiche al nostro ufficio?

Molto dipende da come siamo abituati a lavorare. Per un servizio di interpretariato io esigo il massimo silenzio intorno a me, perché la concentrazione in una condizione lavorativa da remoto, di per sé, è già messa a dura prova. Ho la fortuna di avere un ufficio separato dal resto della mia abitazione, ma non è mai abbastanza. Vi dico quello che faccio io. Innanzitutto avviso chi vive con me di non transitare fuori dal mio ufficio e attacco cartelli dove posso per ricordare a chi vive sotto il mio stesso tetto che il silenzio questa volta è d’obbligo. Mi chiudo a chiave nel mio ufficio, stacco il telefono di rete fissa, tolgo la suoneria del mio smartphone (non lo spengo, perché potrebbe essere utile) e chiudo tutte le finestre. L’ideale sarebbe applicare sulle pareti dei pannelli fonoassorbenti, cosa che non ho ancora fatto. Quest’ultimo punto sarebbe importante per la salute del nostro udito. Tuttavia, in mancanza di un ufficio, sarebbe meglio prediligere una stanza di piccole dimensioni e abbastanza piena di cose. Nelle stanze grandi l’eco è più percettibile e qualsiasi mobilio presente può attutire il suono senza necessariamente applicare i pannelli fonoassorbenti di cui sopra.

4. Compagno/a di cabina, dove sei? Come possono comunicare con te?

Un’altra mancanza fondamentale nella modalità da remoto è la possibilità di comunicare e interagire con il nostro collega di cabina. Sia Zoom che le piattaforme dedicate hanno una chat di comunicazione interna. Non mi piace la chat di Zoom e alcune piattaforme, secondo me, non hanno ancora implementato questa funzione in maniera ottimale. La maggior parte delle volte uso la chat di WhatsApp che trovo senza ombra di dubbio più immediata. Meglio ancora, tuttavia, se su un dispositivo diverso e senza tastiera. Non è piacevole far sentire che stiamo digitando su una tastiera mentre lavoriamo. Uso sempre un tablet a parte, anche per le ricerche terminologiche, e con la modalità touch non si sente nessun rumore.

Anche voi seguite più o meno questa procedura? Come organizzate la vostra cabina virtuale? Mi farebbe piacere leggere il vostro punto di vista nella sezione dei commenti.

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