Interpretariato, Traduzione

LE CINQUE LEZIONI CHE UN TRADUTTORE PUÒ DARE A UN INTERPRETE

Nel mio ultimo articolo ho parlato del continuo scambio che la figura dell’interprete e del traduttore possono avere qualora lo stesso professionista svolga entrambi i mestieri, spiegando cosa un interprete può insegnare a un traduttore.

Andiamo a vedere, questa volta, le lezioni che, invece, un traduttore può dare a un interprete. Anche in questo caso, ho individuato almeno cinque punti in cui il traduttore che è in voi può dare un valore aggiunto al vostro lavoro di interprete.

1. Approfondimento

Nel precedente articolo abbiamo accennato a quanto sia fondamentale la variante del tempo per entrambe le professioni. In particolare, ho sottolineato il fatto che un interprete, rispetto al traduttore, ha decisamente meno tempo per pensare alla soluzione ad hoc per trovare un traducente specifico. L’arte dell’improvvisazione e dell’immediatezza è uno strumento fondamentale per un interprete. Il traduttore, da parte sua, può prendere in prestito quest’arma per sgrossare il suo testo, per redigere una prima bozza, che non è detto poi che non possa essere la versione definitiva della sua traduzione.

Il tempo, tuttavia, può regalarci ottime occasioni di studio e approfondimento. In cabina e non solo spesso non abbiamo modo di approfondire. E se invece, una volta terminato l’incarico, andassimo ad approfondire quanto appreso durante il servizio di interpretariato? Che si tratti di economia, giurisprudenza, medicina, ecc., dopo un incarico, la mia innata curiosità epistemica, che per un traduttore è decisamente più sviluppata, visto il tempo che può decidere da solo di dedicare a un testo, mi ha sempre spinto a riprendere successivamente un argomento in maniera più approfondita; si tratta di un aspetto fondamentale, se vogliamo essere ancora più performanti al nostro prossimo incarico.

2. Analisi

Questo aspetto è strettamente correlato a quello precedente, ma implica un lavoro di ricerca e osservazione che un traduttore riesce a fare in maniera più sistematica, perché si trova davanti a un testo scritto che ha quindi la possibilità di approfondire e analizzare.

Cosa significa analizzare per un traduttore? E in che modo questa competenza può essere utile anche a un interprete? Analizzare significa sondare il messaggio trasmesso da più punti di vista. Ad esempio, in base allo scopo e all’intenzione dell’autore di un testo e, tra le varie chiavi di lettura, anche dal punto di vista linguistico. Capire il registro utilizzato ci permetterà di fare scelte stilistiche più adatte al tipo di destinatario a cui il testo si rivolge. Credete che tutto questo non possa essere utile anche quando ci troviamo di fronte a un testo orale? Se l’interprete individua subito il pubblico che lo sta ascoltando, riesce subito a definire il registro più adatto.

Se, ad esempio, stiamo traducendo in simultanea un corso di formazione sul bullismo, dobbiamo innanzitutto capire chi è presente in sala. Se il pubblico è formato da psicologi, sappiamo che dovremo usare un linguaggio più specifico e settoriale. Se il corso è rivolto, invece, a studenti di scuola secondaria di secondo grado, dobbiamo scegliere un registro più adatto a questo tipo di platea. Con l’analisi, quindi, intendo quella capacità di osservazione di tutti gli elementi testuali, intertestuali ed extratestuali necessari per tradurre bene il nostro testo orale. È un’analisi che il traduttore fa ogni volta automaticamente e l’interprete può apprendere molto bene da lui come riuscire a metterla in pratica.

3. Accuratezza

Nel precedente articolo, il fattore tempo era il filo conduttore del rapporto docente-discente dell’interprete nei confronti del traduttore. In una posizione diametralmente opposta, la variante temporale, decisamente più estesa per un traduttore, implica molti elementi fondamentali per l’esercizio sia dell’una che dell’altra professione.

Un terzo insegnamento, a mio parere, potrebbe essere l’accuratezza. Il traduttore può spaccare il capello in quattro ed essere molto pignolo. Basterebbe solo vedere le correzioni che a volte si ricevono dai revisori, loro stessi traduttori. Ogni termine può avere un sinonimo, ma non tutti i sinonimi sono adatti a un determinato contesto e questo un traduttore lo sa bene.

L’accuratezza del traduttore, a volte anche esasperante, ci porta ad essere molto precisi. In simultanea o in una qualsiasi altra situazione in cui si trova a lavorare un interprete, non si può raggiungere lo stesso livello di accuratezza, ma chi è anche traduttore sa portare con sé in cabina quella giusta dose di precisione e accuratezza che migliorerà di gran lunga la sua prestazione, con un grado di soddisfazione da parte del cliente sicuramente più alto.

4. Specializzazione

Quanti di voi in cabina si sono ritrovati di fronte a una parola incontrata durante lo svolgimento di una traduzione? Mi capita molto spesso e devo ammettere che le milioni di parole tradotte in ambito tecnico (manuali, specifiche tecniche, istruzioni per l’uso, ecc.) mi hanno aiutato molto in una miriade di corsi di formazione tecnica, soprattutto in lingua tedesca, e sapete in cosa ho guadagnato? Nei tempi di preparazione.

La traduzione ti permette molto più di specializzarti rispetto all’interpretariato ed è per questo che quando vengono affrontati vari settori nell’ambito dello stesso servizio, il più delle volte so già dove andare a pescare quel termine specifico perché la traduzione è un lavoro terminologico immenso e vastissimo, anche grazie ai software di traduzione assistita (CAT tools).

5. Pazienza

Avevo concluso la prima parte di questo decalogo con il più bel regalo che un interprete può fare a un traduttore ovvero la flessibilità mentale. Il dono più importante che un traduttore, invece, può fare a un interprete è la pazienza.

Tradurre milioni e milioni di parole davanti a un PC implica molta pazienza prima di arrivare alle battute finali. Il traduttore scorre pazientemente il testo e con la stessa dedizione e calma si arrovella il cervello per trovare la soluzione giusta.

L’interprete è molto più impaziente da questo punto di vista. La mancanza di tempo e la chiamata “last minute”, talvolta “last second”, lo fa essere molto reattivo ai tempi di svolgimento del servizio. Ciò non significa che un interprete sia superficiale e frettoloso, non fraintendetemi, ma arriva più velocemente alla fine e magari si spazientisce più facilmente quando invece ci sono momenti di staticità, anche tra un lavoro e l’altro. La pazienza è quell’arma fondamentale per vivere meglio i momenti di calo di lavoro e non solo.

Come sappiamo, l’emergenza sanitaria in corso con il conseguente distanziamento sociale ha reso quasi impossibile lo svolgimento del lavoro dell’interprete, se non in modalità da remoto. Devo molto ora al mio lato traduttore, perché senza non avrei saputo come andare avanti. Non solo, ma devo molto anche alla pazienza del traduttore che mette a bada la voglia sfrenata dell’interprete di tornare a lavorare in cabina.

Spero che questo decalogo, fatto di cinque più cinque lezioni, sia stato di vostro gradimento. Scrivetemi pure in privato o nella sezione dedicata ai commenti del mio blog, se siete d’accordo con me o se magari mi sono sfuggite altre importanti lezioni nell’uno o nell’altro senso.

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