Per la nostra professione e non solo la formazione rappresenta un aspetto imprescindibile, al quale non si può più rinunciare. Sono una miriade i corsi di formazione che la rete ci offre quotidianamente e non è mai facile capire, anche in base alla nostra personale esperienza professionale, se valga o meno la pena investire tempo e denaro in qualcosa che deve necessariamente arricchirci.
Nella mia carriera professionale ho seguito molti corsi sia in presenza che a distanza e non sempre ho riportata a casa qualcosa di davvero nuovo. Il lato che ho apprezzato di più, parlando nello specifico dei corsi in presenza, è stato sicuramente il lato sociale, poiché alcuni dei contatti instaurati durante un corso o un evento in presenza hanno sempre ampliato la mia rete.
Ma davvero possiamo fare affidamento solo sulla formazione offerta al fine di miglioraci? La mia risposta è no e spero che gli enti di formazione, le associazioni di categoria e i tanti colleghi che dedicano buona parte della loro attività all’erogazione di formazione non me ne vogliano. L’intento del mio articolo non è screditare l’offerta formativa in circolazione, ma fornire alcuni spunti di riflessione su quanto invece possiamo fare da soli per curare la nostra formazione.
Parlerò di due aspetti secondo me fondamentali, che possono aiutarci a non perdere mai di vista il nostro percorso formativo, anche quando l’offerta in circolazione non ci stimola a investire, come dicevo, tempo, denaro ed energie.
Leggere: la prima inestimabile fonte di ricchezza
Molti di noi interpreti e traduttori sono stati e forse sono tuttora avidi lettori. Leggere un numero relativamente alto di libri, e non intendo un libro o due l’anno e solo sotto l’ombrellone, pone le basi per la nostra capacità critica. Non solo, svela mondi e percezioni che ritengo essenziali per la nostra professione. Non possiamo pretendere di essere bravi traduttori dall’inglese senza aver mai letto nulla di William Shakespeare, James Joyce, Oscar Wilde, solo per citarne alcuni. Non mi riferisco con questo solo ai colleghi che si occupano di traduzione editoriale, ma anche a chi traduce manuali tecnici, ai traduttori tecnici.
Forse vi starete giustamente chiedendo cosa c’entra “Il mercante di Venezia” con la specifica tecnica di una macchina utensile. La lettura, e con questa intendo sia nella nostra lingua madre che nelle nostre lingue di lavoro, migliora decisamente il nostro stile, perché dopo essere lettori, siamo soprattutto oratori e scrittori, anche se siamo la voce degli altri. Più il nostro orizzonte cognitivo è ampio, più riusciamo a cogliere soluzioni e nessi che non sono più così distanti dal nostro mondo.
Vi posso garantire che aver letto le opere di Johann Wolfgang von Goethe, Thomas Mann, Hermann Hesse, Franz Kafka, Bertolt Brecht, ecc. mi ha migliorato molto come interprete, anche e non solo in situazioni in cui era necessario conoscere a fondo la cultura tedesca. Non bisogna solo leggere autori classici, ma anche quelli moderni e una buona percentuale di saggi che magari hanno per oggetto i nostri settori di competenza, i nostri interessi.
Viaggiare è senza ombra di dubbio fondamentale per il nostro lavoro, ma quando non è possibile, soprattutto in questo periodo, i libri, secondo me, possono correre in nostro aiuto; non solo in questo particolare momento storico.
La (video)conferenza settoriale: uno sguardo oltre la siepe
Negli ultimi anni ho scoperto una modalità di perfezionamento professionale veramente nuova, almeno per me. Regolarmente seguo convegni (soprattutto online) nei miei settori di competenza e ho capito che sono decisamente più utili dei convegni organizzati dal nostro settore.
Non è vero che dobbiamo parlare e scrivere il cosiddetto “clientese”? Non c’è modo migliore per capire un settore sentendo parlare direttamente gli addetti ai lavori. Se poi siete interpreti come me, perché non cogliere l’occasione per fare anche un po’ di cabina muta? Sì, perché dopo quasi 20 anni di esperienza sul campo ancora credo sia doveroso e quindi necessario migliorare la nostra resa, che non è mai perfetta (è questo il bello), attraverso l’esercizio. In tal caso possiamo anche registrarci, per poi riascoltarci.
La rete è un oceano pronto a soddisfare la nostra curiosità epistemica, basta solo saper cercare; basta solo saper navigare. È solo la curiosità che ci spinge a migliorare. È sempre questa continua sensazione di non sentirci completamente soddisfatti mentre stiamo ricercando qualcosa che ci spinge verso nuovi mondi inesplorati.
Anche la vostra curiosità non si sente mai appagata? In quali altri modi curate la vostra formazione professionale?