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TI CONSIGLIO UN LIBRO: “I FUNAMBOLI DELLA PAROLA”

Vi avevo già raccontato di quanto la lettura sia fondamentale per me, non soltanto dal punto di vista personale, ma anche come importante occasione di formazione. Leggere è la prima inestimabile fonte di ricchezza che abbiamo a portata di mano, come ho avuto modo di parlare in questo mio articolo (https://www.sergioparis.it/la-formazione-a-portata-di-mano/).

Per questo motivo oggi vi parlerò di uno dei miei ultimi libri letti che riguarda proprio il nostro settore dei servizi linguistici. Il titolo del saggio è: “I funamboli della parola – Le traduzioni che hanno cambiato la storia” e l’autrice è Anna Aslanyan, giornalista, traduttrice letteraria e interprete giudiziaria. Nata a Mosca e attualmente residente a Londra, scrive per “The Spectator” e “London Review of Books”. “I Funamboli della parola” è il suo primo libro.

Sinossi

I rapporti diplomatici raramente funzionano senza un esercito invisibile di traduttori e interpreti. Pur trascurati, alcuni di essi sono riusciti ad alterare, nel bene o nel male, gli eventi della storia. Anna Aslanyan – giornalista russo-inglese con molti anni di esperienza nel settore – esplora i retroscena di astuzia e ambizione, eroismo e incompetenza, che hanno avuto come protagonisti i professionisti della traduzione, scoprendo fin dove può arrivare un semplice malinteso. Hiroshima sarebbe stata bombardata lo stesso se il dispaccio giapponese non fosse stato tradotto in modo ambiguo? La resa delle barzellette di Berlusconi ha dato una svolta alle cene del G8? Come reagì l’interprete ebreo di Göring durante il Processo di Norimberga? Che ruolo hanno avuto i dragomanni o i dizionari idiomatici nel dichiarare guerre o tessere alleanze? Quando una frase galante diventa offensiva? Aslanyan prova a dare una risposta ricorrendo a diciotto esempi tratti da varie epoche e culture: dagli intrighi di corte risolti da zelanti interpreti al duello fra Nixon e Chruščëv, dalla Brexit fino agli “shithole countries” menzionati da Trump. Riflette, infine, sul ruolo dei traduttori nel prossimo futuro, quando la loro versatilità dovrà superare l’intelligenza di algoritmi di traduzione sempre più efficaci. Le storie qui raccontate in modo fulminante e ironico mostrano i traduttori al lavoro e le conseguenze, spesso memorabili, della loro mediazione. E sono un omaggio ai professionisti della traduzione, che lavorando all’ombra devono conseguire diversi obiettivi in contemporanea: ottenere il senso corretto delle frasi, attraversare (e non violare) certi patti sociali, mantenere l’equilibrio culturale. Non è un caso che Aslanyan compari il traduttore a un funambolo che danza nel vuoto: la sua è un’impresa creativa, ma a volte può essere perfino fatale.

Questo libro è un’ode appassionata ai professionisti della traduzione e alla loro influenza nel corso della storia. L’autrice racconta non tanto il mestiere di tradurre, quanto le strategie di sopravvivenza di chi lo svolge. Attraverso malintesi, fatali lacune e cuciture diplomatiche esploriamo il delicato rapporto tra interpreti e interpretati sia nel passato che nell’attualità.

«Un prezioso scrigno di storie sulle incredibili imprese dei traduttori con un enorme cast di eroi. Con una lucidità trascinante, Anna Aslanyan spiega le complessità e gli enigmi che i professionisti delle lingue hanno affrontato nel corso dei secoli, mostrando quanta abilità, coraggio, ingegno e arguzia serve per mantenere la pace, diffondere la parola e favorire il dialogo tra i popoli del mondo».

[David Bellos, autore di “Is That A Fish In Your Ear?”]

«Un colorato tributo ai traduttori e agli interpreti che hanno lavorato duramente nel corso della storia, oliando – o intasando – le ruote della diplomazia e della cultura. Passando da santi a imbroglioni, da fannulloni ad avventurieri, da pedanti a geni, Aslanyan traccia una vivace storia di un’arte sottovalutata. Godibilissimo».

[Gaston Dorren, autore di “Babele e le 60 lingue che uniscono l’Europa”]

La mia recensione

Come si intuisce dalla sinossi pubblicitaria nella quarta di copertina, non si tratta di un saggio nel vero senso della parola. L’autrice ci risparmia le annose questioni teoriche alla base della nostra professione e usa un approccio assolutamente pragmatico nella descrizione della nostra attività professionale. Credo sia un testo rivolto sia a noi professionisti che ai non addetti ai lavori. Quale modo migliore per far capire quanto sia stato fondamentale il nostro ruolo in passato se non raccontando storie di successo e aneddoti con risvolti più o meno divertenti?

Il testo è suddiviso in diciotto capitoli, che non seguono un ordine cronologico vero e proprio, e tre sono le parti che mi sono rimaste più impresse. La prima riguarda gli interpreti che hanno lavorato al fianco dei dittatori del ventesimo secolo e in particolare sarebbe interessante approfondire la storia di Paul-Otto Schmidt. Come interprete al Ministero degli Esteri tedesco, Paul-Otto Schmidt (1899-1970) fu presente ad alcuni dei momenti più decisivi della storia del ventesimo secolo. Fluente sia in inglese che in francese, servì come interprete di Hitler durante i negoziati con Chamberlain, la dichiarazione di guerra britannica e la resa della Francia, oltre a tradurre i famigerati discorsi del Führer trasmessi via radio.

Il secondo capitolo che mi ha colpito particolarmente racconta la storia dei dragomanni ovvero i traduttori che nel diciassettesimo secolo lavoravano nell’Impero ottomano e che proprio per la loro funzione godevano di una posizione privilegiata. Erano delle figure-cerniera tra l’oriente e l’occidente che facevano molto di più che semplicemente tradurre.

L’ultimo capitolo, oramai la prossima frontiera della nostra professione, è dedicato all’intelligenza artificiale. Anche l’autrice, come buona parte della letteratura di settore, conviene sul fatto che il traduttore e la macchina non possono essere concorrenti in questo mondo che corre all’impazzata sempre più verso la transizione digitale. L’uomo e la macchina hanno bisogno l’uno dell’altra e sarebbe piuttosto anacronistico pensare che la macchina non possa essere un nostro valido aiutante.

Vi ho invogliato alla lettura di questo saggio? Sarebbe interessante conoscere il vostro il punto di vista dopo aver letto questo libro. Quali sono state le parti che vi hanno colpito di più?

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